“Io e Giulio” – tra i fratelli ci si sente

Ho voluto pubblicare il racconto di due fratelli tra un’udente e un sordo. Infatti l’ho scoperto proprio dal raduno 13 Maggio a Trieste. L’ho notato che il loro legame è molto tenace. Infatti l’ho notato Alberto (il primogenito udente) che è una bella persona aperta e socievole con tutti noi sordi. Da quando l’ho chiesto se voleva pubblicare una sua lettera tra il racconto e il pensiero di sordità. E’ felicissimo e ha detto subito di SI’!
Buona lettura 🙂
Mirko

“Mi chiamo Alberto e sono nato il 18 maggio del 1973. Come tutti i primogeniti, ho ricevuto un sacco di coccole, finchè poco meno di due anni dopo, precisamente il 28 aprile del 1975 è nato mio fratello Giulio, che si è impadronito della scena familiare (dal mio punto di vista) in maniera pressoché totale. Lontano dagli sguardi materni, volavano continuamente ciabatte in direzione della culla, mi sentivo escluso. Poi, col passare del tempo, ho incominciato a capire quanto bello fosse avere un fratello e quanto gli volevo bene.
Un po’ più grandicello ho capito anche come mai riceveva più attenzioni di me; mio fratello era nato sordo completo. Ma noi eravamo fratelli, condividevamo ogni cosa, io mi sentivo in tutto e per tutto come lui. Quindi prima di tutto, ai miei occhi ed al mio cuore, io e mio fratello eravamo la stessa cosa.
Si è creato un legame fortissimi, viscerale. Da una parte lui si attaccava sempre di più a me, perché nonostante il suo problema, vedeva la mia totale propensione ad accettare la sua sordità come una cosa normale, di cui non vergognarsi; dall’altra io lo vedevo sempre di più come un qualcosa di imprescindibile, come il mio respiro, la mia stessa vita.

Gli volevo un tale bene che dovevo fare esattamente le stesse cose che faceva lui. Come per esempio le lezioni di logopedia. La dottoressa che veniva a casa nostra era costretta, per i primi dieci minuti, a fare esercizi di logopedia con me altrimenti piangevo. Era gelosia sicuramente, ma dovuta al fatto che man mano crescevamo, ci sentivamo sempre più legati. Lui vedeva in me il suo faro per navigare nella tempesta, quindi stava sempre attento a quello che facevo e come lo facevo. Più di qualche volta sono dovuto intervenire per difenderlo da qualche ragazzino maleducato che lo prendeva in giro…e li si che diventavo una bestia! Guai a toccare mio fratello o deriderlo!
Lui è una persona normalissima, che pensa, ragiona, ride e soffre come una qualsiasi altra persona. Crescendo con lui ho convissuto la sua sordità percependone i lati più tristi e problematici. Questa è stata una fortuna per me, mi ha dato l’opportunità di stare con le persone sorde e di scoprire quanto mi piace, e quanto interessante, stimolante e divertente sia condividere qualcosa con loro, semplicemente un po’ più in silenzio.
D’altro canto mi sono accorto quanto sia difficile per loro voler farsi conoscere, dal momento che le stesse persone udenti, ancora troppo spesso sono scettiche ed un po’ timorose nell’avvicinarsi. Il fatto di non essere capito, compreso, crea molto disagio se non paura, alla persona sorda, cosa che però succede anche per molte persone udenti.
Per fortuna che ultimamente sto notando, con pieno entusiasmo, il nascere di iniziative comuni, sia da parte dei sordi che dagli udenti, per eliminare queste distanze, queste paure.
Credo che le persone più sensibili a questi problemi, con la loro forza ed intraprendenza abbiano imboccato la strada giusta per far si che ci si renda conto che siamo più vicini di quel che si possa pensare. Basta solo un po’ di pazienza e di buona volontà!
Alberto Geppi

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